Quindici anni fa in Sicilia, non importava dove tu andassi – locale sulla spiaggia o ristorante elegante – il lato “bianco” della lista dei vini era breve e poco attraente. Nulla rovina una bella cena a base di pesce come un bianco senza carattere e insapore, ma i siciliani si sono accontentati a lungo di questi vini senza vitalità, prodotto di una mentalità che ha preferito favorire la quantità rispetto alla qualità. Immagino che la gente del posto si sia semplicemente scrollata la responsabilità di dosso e abbia detto: “Che possiamo farci? La Sicilia è calda. “L’uva troppo matura e i bianchi molto alcolici senza personalità sono un dato di fatto”.
Con 620 miglia di costa, la Sicilia è famosa per la pesca e i frutti di mare. Nei mercati ittici del mattino, tonni giganti pendono da ganci pronti per essere tagliati in spesse bistecche e i pescivendoli urlano agli acquirenti di dare un’occhiata al pescato del giorno, luccicante sul ghiaccio. Di sera, i commensali delle trattorie sul mare si affollano intorno ai tavoli di plastica e si avventano avidamente sugli spaghetti con le vongole, mentre i loro bambini aprono ricci di mare appuntiti e spalmano le uova sul pane di sesamo.
Quindi giustamente starai pensando che ci sia un’ampia scelta di ottimi vini bianchi locali per accompagnare questa generosità marittima, giusto? Sbagliato. Cioè, almeno fino a poco tempo fa.
VARIETA’ GRILLO
Il protagonista indiscusso del risorgimento della viticoltura siciliana è senza dubbio il Grillo. Fino agli anni ’90, quest’uva era quasi sconosciuta, utilizzata esclusivamente per il Marsala, e anche allora passava comunque in secondo piano rispetto al Catarratto. Nessuno sognava di utilizzarla per la realizzazione di un vino bianco secco, finché non arrivò Marco De Bartoli.
Ci vollero altri dieci anni perché altre cantine seguissero il suo esempio. Tutti lo consideravano un folle, e il vino era difficile da commercializzare a causa di una coincidenza linguistica: grillo significa anche “cricket”(grillo insetto) in italiano.
Oggi i vini bianchi prodotti da uve Grillo abbondano, ma lo stile prevalente evita la barrique e mira ad ottenere un prodotto di facile beva, mettendo in evidenza i sentori di agrumi e frutta tropicale. Le vigne vengono spesso coltivate vicino al mare, dove le brezze marine mitigano il clima e aiutano ad ottenere una buona percentuale di acidi nell’acino. Questo spiega sicuramente le note sapide che si riscontrano in alcuni.
Il Grillo nasce dall’incrocio tra catarratto e zibibbo. Il suo creatore è stato l’agronomo siciliano Antonino Mendola, il quale ha voluto sperimentare la realizzazione di questo ibrido nel 1874 “per creare un Marsala più aromatico”, secondo le sue note. Esistono due biotipi: uno è fresco e luminoso, con una certa salinità; l’altro è più rotondo, più alto in alcool, con aromi mielati. Chiaramente, la scelta di una cantina influisce notevolmente sul suo stile grillo.
Altri Grillo da provare: Abbazia Santa Anastasia, Ceuso di Scurati Bianco, Grillo Parlante di Fondo Antico, Spadafora.
L’articolo integrale lo trovate su patriciathomson.net